Odissea

Tratto dall'opera di Omero

Regia di Maurizio Felisati

Premio per la Miglior Regia alla "Rassegna Itinerante 2009/2010" F.I.T.A. Milano

Come rendere credibile a teatro la storia epica il cui nome è, per antonomasia, utilizzato anche nel linguaggio comune per descrivere qualcosa di indescrivibile?

Occorre aprire il mondo delle emozioni e della fantasia. Occorre intraprendere un viaggio dentro di noi, nella profondità del tempo, e fuori di noi, nella vastità dello spazio.

Ulisse ci offre un viaggio… un eterno conflitto tra il restare - Itaca - e l’andare alla scoperta dell’ignoto, ma qual è la sua scelta?

Ulisse non crede ai feticci, non crede ad un destino già scritto dagli dei, ma crede in se stesso e nei suoi desideri, pur consapevole dei suoi limiti.

Omero ci aiuta a vedere Ulisse nel suo essere uomo come tutti noi, con i dolori della vita mischiati alle piccole ed estemporanee gioie conquistate con fatica. Le memorie restano indelebili ma Ulisse non si ferma, non può fermarsi, a costo di ferire apertamente anche le persone a lui più vicine. Una figura che può apparire astuta e a volte prudente ma non di meno troppo audace e incurante della paura, pur rispettandola.

Le donne e le dee, da Nausica a Circe, da Calipso ad Atena fino alla sposa Penelope sono un elemento sovrastante della storia stessa, rappresentano la perfezione della figura femminile, ognuna nella dimensione in cui regna. Qui il grande processo di attualizzazione del poema, vuole sottolineare il ruolo fondamentale che anche oggi la donna ricopre ma che spesso non è pienamente riconosciuto.

La danza, il canto, la magia, la guerra, la tessitura: l’espressione artistica accompagna l’intero viaggio. A prescindere dalle situazioni pericolose, ipocrite o violente che delineano la trama, la nostra rilettura è un trionfo incondizionato dell’Amore con la A maiuscola. Perché allora tutto è imbevuto di dolore e fatica? Semplice, il male è facile da raggiungere, il bene è una conquista sempre incerta per l’essere umano. Non a caso mentre Euriloco - il suo braccio destro - e i compagni lo tradiscono e persino gli dei gli sono avversi, è il cane Argo che il poeta sceglie come simbolo dell’amore incondizionato, Argo che attende fino alla fine il ritorno di Ulisse.

Attraverso la nostra messinscena abbiamo tentato di esprimere come Ulisse non sia solo una figura eroica per l’accezione che noi possiamo avere del termine o che certi stereotipi tendono a significare ma è “semplicemente” un uomo. I sentimenti che prova sono estremamente veri ed è per questo che ogni donna che incontra ne è letteralmente abbagliata. Un inno alla speranza di un cambiamento esistenziale, un augurio che l’Odissea non sia solo vista come una nemesi nefasta che accompagna l’uomo ma al contrario un esperienza necessaria di vita. Questa è la pretesa che, probabilmente in modo un po’ arrogante, mi presto a ricercare in questo adattamento del capolavoro omerico.

Atto unico, durata 75 minuti